Finito l’agrario, mi è venuta voglia di studiare. Ed anche di conoscere un mondo diverso.
Mi sono iscritto a sociologia. Ho passato un anno fantastico. Seguivo dieci materie simultaneamente, dalla storia della filosofia, all’antropologia culturale, dalla sociologia all’economia politica, dalla statistica alla storia. Talaltro in un ambiente misto. Quindi con le donne, mentre all’Agrario, ovviamente, eravamo tutti uomini. Ho avuto poi la grande soddisfazione di aver ottenuto, al primo esame, uno dei due 30 e lode assegnate quel giorno.
Dopo, però, è iniziata a maturare la consapevolezza di una sorta di inutilità della ricerca sociologica. Ero più interessato personalmente a cambiare le cose, anziché solo ad analizzarle. Come fa la ricerca sociologica.
Conseguentemente, dopo aver dato altri due esami, animato di buoni propositi ed imbottito di studi weberiani, ho cambiato facoltà. Sono passato, da Magistero a Piazza della Repubblica, alla Città Universitaria, La Sapienza.
Purtroppo, il livello intellettivo della Facoltà di Giurisprudenza è di molto più basso di quello medio di sociologia. Conseguentemente non ho più avuto quegli stimoli che, invece, avevo a Magistero. Mi illudevo, invece, di ritrovarli alla Città Universitaria addirittura amplificati.
Giurisprudenza: il tempio del sopruso, del favore, della negazione del diritto. Il delirio degli assistenti, la prepotenza dei professori, l’inefficienza delle strutture. Inefficienza della quale solo noi ragazzi del baby boom possiamo parlare. Tra tripli turni e cose similari, ho ancor più meditato sul continuo sviamento di potere di chi gestisce la cosa pubblica. Non gli interessi della collettività, come dovrebbe, ma personali interessi.
Alla Città universitaria ho però scoperto la BUA. Nome che sta a significare, oltre che scemenza: neanche sforzarsi di rendersi conto dell’esistenza del ridicolo, anche Biblioteca Universitaria Alessandrina. In questo posto, oltre a centinaia di bibliotecari inutili impegnati solo a leggere Novella 2000 ed altre perle di saggezza, ho respirato un’atmosfera tipo college americano.
Ho passato momenti molto belli. Ragazzi che studiavano materie differenti ma avevano un collante che li teneva uniti: l’amicizia. Che si è consolidata nelle ore notturne alle aulette blu o a biologia, il sabato ingegneria e così via. Il sapore meraviglioso della giovinezza.
Mi sono laureato in Diritto Agrario discutendo la tesi “L’impresa familiare coltivatrice” una figura che rappresenta la spina dorsale della realtà produttiva italiana.