Diffamazione su internet ai danni di professionista o impresa

Ho comprato una casa, si sono verificate delle infiltrazioni, il condominio ha fatto causa e io, intanto, ho scritto sulla pagina facebook del costruttore denunciando l’accaduto.

Il costruttore mi ha querelato per diffamazione in quanto la società che ha costruito l’immobile è collegata al costruttore ma formalmente è un’altra

 

Gentile Amico,

nel Suo caso, siamo in presenza di un verosimile inadempimento da parte del costruttore, come accertato dalle perizie che avete già fatto eseguire. Non so se abbiate proceduto anche a un accertamento tecnico preventivo -che, forse, era lo strumento giuridico più proprio-oppure meno.

Penso, tuttavia, che se avete già eseguito le dette perizie, vi siate già affidati a un legale che avrà valutato come fosse più opportuno procedere

Quindi, riportandoci alla Sua situazione particolare, il fatto che la società abbia messo il proprio profilo su facebook presuppone la funzione pubblicitaria del detto inserimento all’interno del detto portale.

A questo proposito, occorre fare un distinguo: un conto è se mettere la propria persona su facebook sia un soggetto privato nel qual caso, un apprezzamento fuori le righe, presuppone il concretizzarsi di diffamazione.

Diverso è il caso sia un imprenditore o un professionista o un politico il quale, nel detto inserimento su facebbok, accetta il fatto che non tutti i consumatori siano soddisfatti del suo operato.

In questo ultimo caso, a meno che il consumatore non dichiari il falso, deve accettare e sottostare al fatto che il proprio operato non sia stato di gradimento di quest’ultimo.

A tale proposito, esiste una relativamente recente sentenza del Tribunale di Pistoia che fa al caso suo.

Diffamazione – Tribunale di Pistoia: criticare il bar su Facebook non è reato

26 Gennaio 2016

Con una recentissima sentenza il Tribunale di Pistoia ha mandato assolto l’imputato, portato in giudizio dalla Procura della repubblica per il rato di diffamazione a mezzo internet, perché il fatto non sussiste, in quanto espressione del diritto di critica.

Nel caso di specie l’imputato, cliente insoddisfatto del servizio bar offerto dal querelante, amministrava su Facebook un gruppo recante come titolo una denominazione che, ironicamente, invitava all’“abolizione” del bar in questione e all’interno del quale erano pubblicati commenti negativi sull’attività commerciale. Oggetto della critica erano i servizi scadenti offerti, quali la ristrettezza del locale, la preponderante presenza maschile, la qualità degli aperitivi e la composizione di drink e cocktail. Seppure fortemente critiche, le espressioni utilizzate non sono state considerate diffamatorie dal Tribunale, che ha riconosciuto i giudizi espressi tramite il social network come espressione del legittimo esercizio del diritto di critica.

L’effetto esimente del suddetto diritto, esclude la lesione della reputazione e dell’onore del querelante. L’opinione espressa dall’imputato con toni scherzosi e goliardici, infatti, oltre a non ledere i suddetti beni giuridici, si rivolge ad un’attività pubblica “che si mette sul mercato accettando il rischio di critiche qualora i servizi offerti non soddisfino le aspettative di coloro che ne usufruiscono, tanto più quando tali servizi non sono gratuiti”.

La pronuncia del Tribunale segue la direzione dei più recenti orientamenti della Corte di Cassazione in tema di diffamazione. È pacifico, infatti, che il giudizio valutativo di un cliente insoddisfatto, per quanto feroce possa essere, non può essere punito per l’uso di “coloriture ed iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o gergale, purché tali modalità espressive siano proporzionate e funzionali all’opinione o alla protesta, in considerazione degli interessi e dei valori che si ritengono compromessi”.

Sulla scorta dei suddetti principi, il Tribunale di Pistoia ha assolto l’imputato, ritenendo insussistente il fatto di reato e considerando i commenti oggetto di giudizio, piena espressione del diritto di critica costituzionalmente garantito.

(Tribunale di Pistoia, sentenza del 16 dicembre 2015, n. 5665)

Se, invece, nel post si affermano cose false o non pertinenti al caso di specie, oppure che esulano dai fatti, per esempio, affermando che il legale rappresentante della società è un “cornuto” o cose del genere, sicuramente si può procedere a querela nei confronti del diffamatore.

Per quanto riguarda la riconducibilità al legale rappresentante, invero, sembra sussistere un rapporto tra le diverse società per cui, se non altro, potrebbe richiamarsi l’errore scusabile.

 



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