Figli nati nel matrimonio e fuori dal matrimonio

Avv. Vittorio Amedeo Marinelli

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Nel Diritto di Famiglia Italiano, una riforma rivoluzionaria è quella del 2012 che riconosce e garantisce una tutela giuridica a modelli familiari nuovi, ma già diffusi e socialmente accettati.

Prima della riforma, la disciplina giuridica della filiazione era fortemente differenziata a seconda che i genitori fossero o meno coniugati. Nello specifico, fino alla riforma del 1975 (Legge 51/1975) tendente all’affermazione dell’eguaglianza tra coniugi e di ampia tutela della filiazione naturale, solo i figli nati nel matrimonio godevano di ogni tutela non solo nei confronti dei genitori, ma anche nei confronti dei parenti dei genitori; i figli nati fuori dal matrimonio riconosciuti godevano di tutela, ma solo nei confronti del genitore che aveva effettuato il riconoscimento, e non dei parenti del genitore.

La situazione era ancora più deleteria per i figli non riconosciuti o non riconoscibili i quali, ex art 279 c.c., potevano ricevere dal genitore solo un sussidio di natura meramente alimentare. Ciò a dimostrazione del fatto che vi fosse un’importante diversità di trattamento sul piano successorio tra figli «legittimi» (nati nel matrimonio) e figli «illegittimi» (nati fuori dal matrimonio): i primi avevano diritto a una quota indisponibile dell’eredità, i secondi erano eredi necessari ma la loro quota era ridotta e non potevano essere inseriti nella rete parentale; ai figli non riconosciuti o non riconoscibili poteva invece essere attribuito solo un assegno vitalizio di natura alimentare.

Questo mette in evidenza che il modello familiare che trovava dignità e pieno riconoscimento, era solo quello fondato sul matrimonio.

Con la riforma del 1975, alla filiazione naturale (fuori del matrimonio) si diede la stessa dignità di quella legittima (coniugale) sia per quanto concerne i rapporti personali che per quelli successori. L’unica, ma forte differenza che continuava a persistere, era il fatto che mentre il figlio legittimo veniva collocato nella rete parentale, quello naturale no. Da ciò ovviamente derivava una disparità di trattamento sul piano successorio.

La Legge 219/2012 ha finalmente introdotto lo stato unico di filiazione, in conformità all’art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e all’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che vietano ogni forma di discriminazione sulla base della nascita.

Oggi, ai sensi dell’art. 315 c.c. «Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico» e non vi è più alcuna differenziazione tra filiazione legittima (figli nati nel matrimonio) e filiazione naturale (figli nati fuori dal matrimonio). Da ciò è derivata una completa identità tra famiglia matrimoniale e famiglia non matrimoniale, anche se, nel nostro ordinamento giuridico le modalità di formazione del titolo dello stato di filiazione sono nettamente differenziate a seconda che si tratti di filiazione nel o fuori dal matrimonio.

Infatti, se i genitori sono coniugati il titolo dello stato di figlio si forma automaticamente a prescindere dal consenso dei genitori, se invece non lo sono, si forma solo successivamente al riconoscimento da parte di uno o entrambi i genitori.

Più nello specifico, il DPR 396/2000 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), nella formazione del titolo di stato, ammette l’indicazione delle generalità dei genitori coniugati, salvo che la madre dichiari di non voler essere nominata, e di quelli non coniugati, qualora i medesimi rendano la dichiarazione di riconoscimento o abbiano espresso, con atto pubblico, il proprio consenso a essere nominati. Di conseguenza, la volontà della madre, in entrambi i casi, appare determinante per quanto concerne lo stato del nato.

Per qualsiasi informazione e richiesta di assistenza, rivolgersi al Dott. Cosimo Semeraro 3407938614



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