- 11 Giugno 2020
- Posted by: Marinelli
- Categoria: Diritto dei consumatori, Responsabilità civile

Avv. Vittorio Amedeo Marinelli
Email: avv.vittoriomarinelli@gmail.com
Di fronte a eccezioni del tutto destituite di fondamento da parte di talune (sempre loro) compagnie di assicurazioni, oltre che ai danneggiati, offriamo la nostra consulenza anche agli amici periti. Info: 3481317487
ATTIVITA’ DI ASSISTENZA PERITI
Riguardo la validità dell’attività di assistenza da parte dei periti in infortunistica in ambito stragiudiziale, la consacrazione della legittimità dell’operato degli stessi, non è mai stata posta in dubbio.
In dottrina, per esempio, V. G. GALLONE, LE SPESE DI ASSISTENZA STRAGIUDIZIALE NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI, per quanto concerne l’operato dei Periti nel campo della RCA ha avuto modo di precisare:
“… per quanto attiene alle prestazioni offerte da questi ultimi, la consacrazione della piena validità del loro operato è stata, di recente, ribadita in due decisioni della Suprema Corte (Cass. 31 maggio 2005, n. 11606, in questa Rivista 2005, 925; Cass. 12 ottobre 1998, n. 10090, in Giust. civ. 1999, I, 122 e in Gazz. Giur. 1998, 39, 46), la quale ha confermato un principio già espresso da una parte della giurisprudenza di merito (Trib. Bologna 1 febbraio 2000, in questa Rivista 2000, 863; Trib. Bologna 20 dicembre 1999, in questa Rivista 2000, 863; Giud. pace S. Anastasia 7 gennaio 1999, in Giur. mer. 1999, 468; Trib. pace S. Anastasia 27 ottobre 1998, in Giur. mer. 1999, 468; Giud. pace Bologna 23 marzo 1998, in questa Rivista 1999, 794; Giud. pace Bologna 31 luglio 1997, ivi 1998; Giud. pace Bologna 3 aprile 1997, ivi 1998, 56; Trib. Treviso 29 giugno 1996, in questa Rivista 1998, 56), nonché dalla miglior dottrina (GALLONE e PETTI, Il danno alla persona o alle cose nell’assicurazione per la r.c.a., tomo primo, Torino 2005, 613; BONAZZI, Agenzia di infortunistica stradale e risarcibilità delle spese di consulenza, in questa Rivista 2000, 865)”.
Allo stesso modo, non è mai stato messo in dubbio il diritto di questi alla retribuzione per l’attività svolta.
Si veda, per esempio, Tribunale di Bologna, sezione terza, sentenza 6 giugno 2013,est. Dott. Pietro Iovino.:
“L’assistenza stragiudiziale (prestata da un legale o da un’agenzia di infortunistica stradale) va provata con la produzione della documentazione che attesta l’intervento, documentazione che, in aggiunta alla relativa fattura, è sufficiente a fondare la pretesa. Pretesa legittima che deve essere accolta, secondo un orientamento a sua volta fondato su copiosa e uniforme giurisprudenza di merito e di legittimità (Cass. Civ. 11.606/05, Cass. Civ. 2.275/06, Cass. Civ. Sez. Un. 26.973/08)”.
Il danneggiato da sinistro stradale ha pertanto diritto di farsi assistere da un legale o da studi tecnici esperti in incidentistica stradale anche nella fase stragiudiziale e di ottenere il rimborso delle relative spese anche se questi abbia fatto ricorso alla procedura di indennizzo diretto di cui all’art 149 D.Lgs 209/05 (così Trib. Napoli su App. del 10/14-2-2011 n. 19611; GdP Torino del 3/10-1-2011; Trib. Torino su App. del 18/22-12-2010 n. 7800; GdP Torino del 4-10-2010; GdP Mascalucia del 30-6-2010; GdP Torino del 7-7-2009; GdP Cittadella del 23-10-2008).
Si ricorda, inoltre, che:
”In caso di sinistro stradale, qualora il danneggiato abbia fatto ricorso all’assistenza di uno studio di infortunistica stradale ai fini dell’attività stragiudiziale diretta a richiedere il risarcimento del danno asseritamente sofferto al responsabile e al suo assicuratore, nel successivo giudizio instaurato per ottenere il riconoscimento del danno la configurabilità della spesa sostenuta per avvalersi di detta assistenza come danno emergente non può essere esclusa per il fatto che l’intervento del suddetto studio non abbia fatto recedere l’assicuratore dalla posizione assunta in ordine all’aspetto della vicenda che era stata oggetto di discussione e di assistenza in sede stragiudiziale ma va valutata considerando, in relazione all’esito della lite su tale aspetto, se la spesa sia stata necessitata e giustificata in funzione dell’attività di esercizio stragiudiziale del diritto al risarcimento.” (Cass. 21/1/2010 n. 997).
Anche la Legge 31 dicembre 2012, n. 247 “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense” che, per taluni esegeti avrebbe previsto una riserva esclusiva in favore degli Avvocati dell’”attività di consulenza e assistenza stragiudiziale, connessa ad attività giurisdizionale e svolta in modo continuativo, sistematico ed organizzato” non ha in realtà modificato alcunché.
La riserva esclusiva degli Avvocati, infatti, opera soltanto relativamente a quelle attività stragiudiziali già sottoposte al parere di un giudice o connesse ad un processo ancora in corso.
Se, al contrario, la questione ancora non è sottoposta all’attenzione del Giudice, l’attività di consulenza deve ritenersi del tutto libera, proprio perché non connessa con una attività giurisdizionale in corso.
GESTIONE DI AFFARI
A prescindere che, se anche l’attività del perito fosse stata svolta in violazione di Legge, in ogni caso la stessa sarebbe rilevata solo ai fini del diritto alle competenze.
Il titolo VI del quarto libro del codice civile relativo alle obbligazioni, dal titolo “Della gestione di affari” disciplina espressamente gli effetti giuridici che si determinano sulla sfera giuridico patrimoniale del debitore nel caso in cui un soggetto, senza esservi obbligato, assuma scientemente la gestione di un affare altrui.
Il successivo mandato alle liti e il richiamo all’interno del primo atto di citazione alla prima lettera interruttiva della prescrizione, concretizza gli estremi della cosiddetta ratifica dell’interessato prevista dall’art. 2032 c.c.
COMPENSI PERITO ASSICURATIVO COSI’ COME RISCONOSCIUTI DALL’AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO NELLA SUA ADUNANZA DEL 30 NOVEMBRE 2005
In tema della giusta quantificazione dei compensi dovuti ai periti assicurativi deve essere tenuta in considerazione quanto confermato dall’Autorità della Concorrenza e del Mercato nell’adunanza del 30 Novembre 2005 (all. 4).
All’uopo venivano confermati i compensi così come accertati con l’accordo, entrato in vigore il 1° marzo 2003, stipulato tra l’Ania – Associazione Nazionale fra le imprese assicuratrici e le associazioni dei periti maggiormente rappresentative sul piano nazionale, ai sensi della legge 17 febbraio 1992, n. 166, concernente “istituzione e funzionamento del ruolo nazionale dei periti assicurativi per l’accertamento e la stima dei danni ai veicoli a motore ed ai natanti soggetti alla disciplina della legge 24 dicembre 1969, n. 990, derivanti dalla circolazione, dal furto e dall’incendio degli stessi” (di seguito anche legge n. 166/92).
Anche se in detta sede venivano stabiliti i compensi minimi che le Compagnie Assicurative dovevano riconoscere ai propri periti assicurativi dalla stessa indicati, appare chiaro come, per analogia, perlomeno gli stessi compensi debbano essere individuati anche a favore del perito dell’assicurato.
D’altronde non è ammissibile che una figura professionale, iscritta nell’apposito Albo, debba lavorare a titolo gratuito.
A riguardo, quindi, al Perito deve essere quindi perlomeno attribuito il compenso così come riconosciuto nella delibera dell’AGCOM che all’articolo 2, rubricato
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE SENTENZA 31 maggio 2005 n. 11606 (Pres. Giuliano – Rel. Malzone) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione 17.07.01 XX, deducendo che, a seguito del sinistro stradale verificatosi tra l’auto di sua proprietà e quella di XX, assicurata con la XX, avvenuto in Roma in data 02.03.01 e consistito nel tamponamento a tergo della sua autovettura ad opera di quella del XX la XX gli aveva erogato, a titolo risarcitorio, la somma di £. 1.736.000, non comprensiva degli interessi e della svalutazione, omettendo di corrispondergli gli onorari stabiliti per legge all’avvocato cui aveva affidato la relativa pratica, conveniva in giudizio costoro, avanti il giudice di pace di Roma, per ivi sentirli condannare al pagamento delle residue spettanze. I convenuti, costituitisi, contestavano l’avversa pretesa, eccependo, con esclusione della questione relativa alle spese legali, l’intervenuta transazione sulle ulteriori avverse pretese. In particolare contestavano che fosse dovuto il pagamento delle spese legali extraprocessuali, sostenendo che la fattispecie originaria della procedura per il risarcimento del danno prevista dall’art. 22 legge 990/69 aveva subito modificazioni con l’introduzione della disposizione di cui all’art. 5 della legge 5 marzo 2001 n. 57, che, spostando la decorrenza del termine dilatorio dei 60 giorni dalla richiesta generica di risarcimento a quello della comunicazione all’assicuratore del giorno, dell’ora e del luogo disponibili per l’ispezione del veicolo danneggiato, mirava a concedere all’assicuratore uno spatium deliberandi, per procedere al bonario ristoro del danno, al precipuo fine evitargli ulteriori costi, quali, appunto, derivanti dall’esercizio dell’azione giudiziaria per il risarcimento del danno. Il giudice adito, con sentenza n. 11596/02, depositata il 05.04.02, in parziale accoglimento della domanda, condannava i convenuti a corrispondere all’attore la somma di euro 300,00 quale rimborso delle spese legali extragiudiziali con interessi legali dalla sentenza al soddisfo, ritenendo le altre pretese coperte dall’accordo transattivo; compensava tra le parti le spese del giudizio. Per la cassazione della decisione ricorre la XX esponendo due motivi, cui resiste con controricorso il XX. Entrambe le parti costituite hanno presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione della legge processuale di cui al disposto dell’art. 22 legge 990/69 e degli artt. 90 e 91 Cod. proc. civ., nonché omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, si contesta la legittimità dell’avvenuta liquidazione delle spese sostenute dalla parte per l’assistenza legale nella fase stragiudiziale e si sostiene che le indicate norme limitano la ripetibilità a carico della parte soccombente alle sole spese determinate dal processo: Dal tenore delle menzionate norme doveva discendere il principio della non risarcibilità automatica delle anzidette spese stragiudiziali, e ciò perché essendo l’intervento di un legale necessario per legge solo nella fase processuale, giusto quanto disposto dagli artt. 83 e segg. Cod. proc. civ., solo per tale fase il legislatore aveva individuato una giustificazione al rimborso della relativa spesa in favore della parte vittoriosa, essendo stata la stessa determinata da un obbligo di legge e non da una mera facoltà come quella del soggetto che scelga di rivolgersi ad un legale per una qualsiasi assistenza stragiudiziale. Tale principio trova anche esplicita conferma del comma 2 dell’art. 1227 Cod. civ. (come richiamato dal1’art. 2056 Cod. civ.) che, nel disciplinare in via generale il concorso causale del creditore nella determinazione del danno, testualmente dispone che il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza. Per tutti i ricordati risvolti tale aspetto della vertenza, ad avviso del ricorrente, sarebbe stato del tutto ignorato dal giudice di pace, che, nell’accogliere l’avversa pretesa, sia pure limitatamente alle spese legali, non avrebbe minimamente motivato in ordine alla questione se e per quale ragione le spese legali dovevano essere riconosciute al danneggiato. Il motivo è infondato. Ed invero, la critica a tale punto della decisione poggia sul convincimento che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, e non considera che nulla vieta che il legislatore, per varie ragioni di ordine pubblico, possa subordinare l’esercizio dei diritti a controlli o condizioni, che non sono affatto estranei al processo, ma mirano a delimitarne il thema decidendum in contraddittorio fra le parti (Corte cost. 20.04.77 n. 63). Tuttavia, nel prevedere le eccezioni alla regola generale, il legislatore deve rispettare il fondamentale principio di uguaglianza delle parti e il correlativo diritto di difesa, garantito dall’art. 24, comma secondo, della Costituzione, rispetto al quale il contraddittorio fra le parti si pone quale suo indispensabile presupposto. È ciò che accade nel procedimento per il risarcimento del danno dovuto alla circolazione stradale. Esso inizia con la spedizione della lettera raccomandata inviata dal danneggiato all’assicuratore dell’auto del presunto danneggiante, al fine di consentire ,fra le parti una, prima verifica delle rispettive pretese e, quindi, di conseguire 1’eventuale composizione bonaria della vertenza. Non è dubbio che l’attuale sistema legislativo in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile da circolazione stradale,composto di vari interventi legislativi susseguitisi nel tempo, non è di agevole conoscenza da parte degli utenti e che non tutti hanno il tempo disponibile per l’adempimento delle relative formalità. Tale rilievo, evidenziato dalla difesa del controricorrente, vale, però, a far riconoscere le spese stragiudiziali come conseguenza del fatto lesivo, ma non sposta il tema della decisione, che è quello di stabilire se il danneggiato ha diritto di farsi assistere da un legale anche nella fase pregiudiziale e di ottenere, quindi, il rimborso del relativo compenso ovvero, nel caso contrario, se la negazione di tale diritto venga a costituire una violazione del diritto di difesa del danneggiato. Vale allora considerare che l’intervento di un professionista, sia esso un legale o un perito di fiducia, così come previsto dall’art. 5 ultimo comma legge 5 marzo 2001 n. 57 e come affermato nel regime precedente dalla Corte di cassazione (Cass. civ. 12.10.98 n. 11090, in Giust. civ., 1999, I, 422) è necessario non solo per dirimere eventuali divergenze su punti della controversia,quanto per garantire già in questa prima fase la ove si osservi che l’istituto assicuratore non solo è economicamente più forte,ma anche tecnicamente organizzato e professionalmente attrezzato per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale,, attesa la complessità e molteplicità dei principi regolatori della materia. Va, quindi, affermato il principio che nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con legge n. 990 del 1969 e sue successive modificazioni, il danneggiato ha diritto, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, ad ottenere il rimborso delle relative spese legali. Inammissibile è il secondo motivo di ricorso con cui si contesta sotto il profilo motivazionale e la violazione di legge l’eccessività della somma liquidata per le spese legali del procedimento ex art. 22 della menzionata legge, in quanto risulta dalla sentenza impugnata che il giudice di pace ha dato contezza della sua decisione e, a un tempo, la contestazione del quantum debeatur, a tale titolo, non è suscettibile di esame in sede di legittimità della decisione presa nel giudizio di equità necessario, in quanto le asserite violazioni delle tariffe professionali degli avvocati costituiscono norme di carattere sostanziale (Cass. civ. n. 1185/2003; n. 10363/2000). Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio.
CASSAZIONE 21 GENNAIO 2010 N. 997
Svolgimento del processo
p.1. Il Tribunale di Venezia ha rigettato l’appello proposto da D.V.L. avverso la sentenza con cui il Giudice di Pace di Mestre, nel provvedere sulla domanda dalla medesima proposta contro G. P. e la sua assicuratrice per la r.c.a. Alfa Assicurazioni s.p.a. per il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di un sinistro stradale occorso il …, aveva, pur riconoscendo la responsabilità della causazione del sinistro da parte del P., negato, nel liquidare il danno, la spettanza del rimborso della spesa sostenuta da essa ricorrente per la prestazione ante causam di un’assistenza infortunistica da parte di uno studio di infortunistica stradale.
L’appello, svoltosi nel contraddittorio effettivo della società assicuratrice e nella contumacia del P., è stata rigettato dal Tribunale sulla premessa che le spese sostenute per l’attività stragiudiziale sono risarcite “solo se l’assistenza sia stata in concreto resa necessaria o utile dalla contestazione ad opera della controparte del diritto al risarcimento, ai fini del consentire al danneggiato di quantificare correttamente le proprie pretese, anche ai fini conciliativi in presenza di contestazioni o difformi valutazioni della Compagnia di Assicurazioni”. Nella specie non risultava che l’assicurazione avesse contestato la responsabilità del suo assistito e nemmeno l’entità delle lesioni sofferte dalla danneggiata (che erano state determinate dalla società assicuratrice in modo conforme alla perizia stragiudiziale fatta eseguire dalla danneggiata) o le altre voci di danno, essendosi, invece, il contrasto incentrato solo sull’applicabilità o meno delle tabelle introdotte dalla L. n. 57 dei 2001. L’intervento dell’agenzia infortunistica non si era, però – ad avviso del Tribunale – connotato come necessario o utile, tanto più che la posizione assunta dalla società assicuratrice in senso positivo sulla questione dell’applicazione delle dette tabelle non si era modificata a seguito della corrispondenza con l’agenzia stessa, mentre non risultavano provate altre attività. p.2. Contro la sentenza la D.V. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi contro il P. e Beta Assicurazioni s.p.a., qualificandola come “già Alfa Ass.ni S.p.A.”, senza, peraltro nulla spiegare al riguardo.
Ha resistito con controricorso Beta Assicurazioni s.p.a., mentre non ha svolto attività difensiva il P..
La ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
p.1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di rito (nel senso dell’inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso) formulata dal Beta Assicurazioni s.p.a. sotto il profilo che il ricorso le sarebbe stato notificato non presso la sua sede legale, bensì presso il difensore costituito per la Alfa, il quale non aveva ricevuto mandato da essa resistente.
L’Aurora Assicurazioni è stata chiamata nel presente giudizio di legittimità come società che già si denominava o si identificava con la Alfa e, pertanto, l’indicazione della sua legittimazione non è stata fatta da parte della ricorrente come quella di un soggetto che sia “altro” rispetto a quello originario, cioè alla Alfa, bensì come quella di un soggetto che è il medesimo con una diversa denominazione. Tale allegazione, se l’intimata nella detta qualità non si fosse costituita, avrebbe onerato la ricorrente di dimostrarla (nel rispetto dell’art. 372 c.p.c.). Viceversa, una volta che l’intimato ha ritenuto di costituirsi, era suo onere prendere posizione sulla detta allegazione, contestandola, se del caso, per genericità, oppure specificando i termini della sua relazione con la Alfa. La resistente, invece, non ha tenuto nè l’uno nè l’altro atteggiamento, ma si è limitata alla mera allegazione che il ricorso era stato notificato presso un difensore che non aveva la sua rappresentanza in giudizio, “in quanto la stessa cioè essa Aurora non era parte di quel procedimento giudiziario”. Di tale allegazione – cioè del suo non essere parte nel giudizio di merito – non ha dato, però, alcuna spiegazione e, pertanto, l’ambiguità della sua prospettazione si risolve in un dato sufficiente a giustificare la veridicità dell’allegazione di parte ricorrente.
E ciò senza che occorra scrutinare la questione della riferibilità del mandato professionale del difensore della Alfa al Beta, eventualmente al lume dell’art. 2540 bis c.c..
L’eccezione è infondata e va, pertanto, rigettata. p.2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione o falsa applicazione dell’art. 1223 c.c., e/o art. 1227 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”.
Il motivo, dopo una introduzione in cui vengono richiamate decisioni di questa Corte (Cass. n. 13801 del 2004 e n. 1191 del 2003) favorevoli al riconoscimento come danno risarcibile delle spese per l’assistenza stragiudiziale ove resa necessaria o utile per la contestazione della controparte e dopo avere sostenuto che ciò non sarebbe stato posto in dubbio dal Tribunale, ipotizza che non sarebbe ben chiaro se con la sua motivazione lo stesso Tribunale abbia inteso o meno richiamare la norma dell’art. 1227 c.c., comma 2, a fondamento della soluzione prescelta e, per il caso positivo, sostiene che per fare corretta applicazione del principio espresso da quella norma il Tribunale si sarebbe dovuto chiedere se essa danneggiata era stata in grado, prima di rivolgersi allo studio di consulenza infortunistica, di tutelare adeguatamente le proprie ragioni da solo. Soltanto nell’ipotesi di una risposta affermativa il rimborso della relativa spesa avrebbe dovuto negarsi, quale danno che essa ricorrente avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza.
Al riguardo, si asserisce che siffatta risposta affermativa avrebbe richiesto l’esame del caso concreto, “dovendosi esaminare le tematiche coinvolte nel caso stesso, l’accessibilità ai relativi concetti da parte di un quivis de populo quale è il danneggiato ed infine la capacità di pretendere da parte di quest’ultimo, in contraddittorio con l’assicuratore per rea del responsabile, l’integrale risarcimento dei danni subiti”. Si invoca, poi, Cass. n. 3565 del 1996, che avrebbe rigettato un motivo di ricorso con cui si censurava per violazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, il riconosciuto risarcimento delle spese legali ante causarti al danneggiato in un sinistro stradale, e affermato che “non può, infatti, addebitarsi alla parte – la quale, pur senza esservi tenuta, si rivolga, nondimeno, ad un avvocato per lo svolgimento di attività di rilevanza giuridica – difetto di diligenza, così come richiede la norma, tanto più che la stessa tariffa forense disciplina anche la materia stragiudiziale, talchè è rimesso alla parte avvalersi o meno di assistenza legale: con la conseguenza che, nel primo caso, a ragione la stessa può chiedere, nel giudizio di risarcimento del danno, in vista del quale tale assistenza sia stata richiesta e prestata, il rimborso della somma, a tal fine erogata”.
p.2.1. Con il secondo motivo si denuncia “insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 59”.
Erroneamente il Tribunale, pur avendo assunto sotto il profilo giuridico un principio corretto (quello per cui “tra i danni risarcibili vanno ricompresse le spese sostenute per assistenza stragiudiziale, solo se l’assistenza sia stata in concreto resa necessaria o utile dalla contestazione ad opera della controparte del diritto al risarcimento, ai fini del consentire al danneggiato di quantificare correttamente le proprie pretese, anche ai fini conciliativi in presenza di contestazioni o difformi valutazioni della Compagnia di Assicurazioni”), lo avrebbe male applicato, là dove – pur avendo dato atto dell’esistenza fra le parti di un contrasto in ordine alla questione dell’applicabilità per la liquidazione del danno delle tabelle di cui alla L. n. 57 del 2001, ancorchè il sinistro si fosse verificato anteriormente alla loro entrata in vigore e della gestione del medesimo da parte dell’agenzia infortunistica – ha escluso la responsabilità per detta spesa non già per la sua evitabilità da parte della ricorrente, bensì per la circostanza che comunque l’intervento dello studio professionale non aveva determinato una modificazione dell’atteggiamento dell’assicuratore sulla questione delle tabelle. Il Tribunale, viceversa, non avrebbe dovuto dare rilievo all’efficacia causale sull’atteggiamento della società assicuratrice dell’intervento de quo, ma avrebbe dovuto interrogarsi sulla possibilità che la D.V. potesse affrontare la problematica da sola e considerare che l’intransigenza della stessa società era stata superata solo dalla sentenza di primo grado, che aveva accertato l’inapplicabilità delle tabelle di cui alla citata legge, il che rivelava che la discussione stragiudiziale sulla relativa questione non avrebbe potuto ricadere nell’ambito dell’art. 1227 c.c., comma 2, tanto più che l’assicurazione aveva riconosciuto l’attività ed utilità dell’intervento dello studio professionale in un’offerta transattiva di cui alla lettera del 2 luglio 2001 e s’era accollata la relativa spesa e ciò anche nel caso in cui la ricorrente avesse accettato il risarcimento secondo le tabelle. p.3. L’esame dei due motivi può procedere congiuntamente, atteso che anche il secondo, al di là della sua formale proposizione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, involge una quaestio iuris, inerente l’errore del Tribunale nel rifiutarsi di sussumere la spesa sostenuta per l’intervento dell’agenzia infortunistica sotto la nozione giuridica de danno risarcibile a cagione della inidoneità dello stesso a determinare la modificazione dell’atteggiamento della società assicuratrice sull’applicabilità delle tabelle.
Si tratta, dunque, di una censura in iure e non in fatto, atteso che non si assume che vi sia stata un’erronea ricostruzione del fatto, ma si contesta la valutazione dello stesso, per come pacificamente ricostruito, ad integrare il presupposto per considerare giuridicamente risarcibile la spesa stragiudiziale.
E’ proprio questa censura che è prioritaria e comunque appare pertinente rispetto alla motivazione della sentenza impugnata, la quale, come del resto riconosce la stessa ricorrente, assume corrette premesse in punto di risarcibilità come danno delle spese stragiudiziali sopportate dalla parte poi risultata in tutto od in parte vittoriosa.
Ciò chiarito, si osserva che questa Corte ha innanzitutto da tempo affermato che “In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con L. n. 990 del 1969, e sue successive modificazioni, il danneggiato ha facoltà, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, di farsi riconoscere il rimborso delle relative spese legali; se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente all’instaurazione del giudizio divengono una componente de danno da liquidare e, come tali devono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali”. (Cass. n. 2775 del 2006).
Si è, altresì, specificato che “Le spese legali corrisposte dal cliente al proprio avvocato in relazione ad attività stragiudiziale seguita da attività giudiziale devono formare oggetto di liquidazione con la nota di cui all’art. 75 disp. att. c.p.c., se trovino adeguato compenso nella tariffa per le prestazioni giudiziali, potendo altrimenti formare oggetto di domanda di risarcimento del danno nei confronti dell’altra parte, purchè siano necessarie e giustificate, condizioni, queste che si desumono dal potere del giudice di escludere dalla ripetizione le spese ritenute eccessive o superflue, applicabile anche agli effetti della liquidazione del danno in questione”. (Cass. n. 14594 del 2005).
Il concetto di necessità e giustificatezza è evocato anche da altra decisione: si veda. Cass. n. 9400 del 1999. p.3.1. Ora, queste decisioni sono relative all’ipotesi in cui la spesa stragiudiziale sia stata sostenuta per avere la parte, che poi abbia agito giudizialmente investito della vicenda un avvocato. La legittimità di un simile incarico è indiscutibile perchè la prestazione di assistenza legale stragiudiziale trova nell’ordinamento riconoscimento nella stessa tariffa professionale forense.
Se ci si domanda se un analogo principio possa trovare applicazione allorquando, come nella specie, l’assistenza stragiudiziale sia prestata da un soggetto che non rivesta la qualità di professionista legale iscritto all’apposito albo ed in particolare se ci si chiede se in tal caso sia d’ostacolo l’essere stata la prestazione svolta da un soggetto non avente quella qualità, la risposta a quest’ultimo interrogativo dev’essere negativa e, quindi, ne segue la risposta positiva al primo interrogativo.
E’ stato, infatti, affermato che “La prestazione di opere intellettuali nell’ambito dell’assistenza legale è riservata agli iscritti negli albi forensi solo nei limiti della rappresentanza, assistenza e difesa delle parti in giudizio e, comunque, di diretta collaborazione con il giudice nell’ambito del processo; al di fuori di tali limiti, l’attività di assistenza e consulenza legale non può considerarsi riservata agli iscritti negli albi professionali e conseguentemente non rientra nella previsione dell’art. 2231 c.c., e da diritto a compenso a favore di colui che la esercita”. (Cass. n. 12840 del 2006; nello steso senso Cass. n. 7539 del 1997. Si veda pure Cass. n. 5906 del 1987).
Dunque, del tutto irrilevante è che l’attività di assistenza legale sia stata prestata nella specie da un soggetto che non rivestiva la qualità di professionista legale. p.3.2. Raggiunta questa conclusione appare palese che il Tribunale ha fatto erronea applicazione del principio della ripetibilità come voce di danno emergente della spesa di assistenza stragiudiziale secondo il criterio della necessità e giustificatezza, là dove ha fatto dipendere la ripetibilità dalla verificazione del risultato positivo dell’attività espletata sull’atteggiamento della controparte. In tal modo il Tribunale ha applicato un criterio che è in manifesta contraddizione con la premessa giuridica che giustifica la considerazione della spesa stragiudiziale sopportata dal danneggiato come danno emergente, riconoscibile in sede giudiziale. Tale considerazione, infatti, suppone che il diritto al risarcimento del danno sia riconosciuto in sede giudiziale e, quindi, per definizione che non lo sia stato in sede stragiudiziale. Ciò, implica necessariamente che l’attività di assistenza stragiudiziale non sia stata idonea a realizzare il suo scopo, quello della consecuzione del risarcimento nei modi e nei termini esplicitati da essa, prima del giudizio.
Non si comprende, dunque, come l’esclusione della sussistenza del danno per le spese sopportate si sia potuta far dipendere, da parte del Tribunale, dal fatto che la società assicuratrice era rimasta ferma sulle sue posizioni nonostante l’attività dello studio di consulenza infortunistica.
Va semmai rilevato che, se pure stragiudizialmente, dopo l’intervento del detto studio la società assicuratrice avesse riconosciuto fondata la prospettazione sulla inapplicabilità delle tabelle di cui alla citata legge assunta dallo studio che aveva prestato l’attività di assistenza (e, quindi, in definitiva, dalla stessa ricorrente, di cui lo studio era mandataria), l’eventuale riconoscimento stragiudiziale totale o parziale della pretesa risarcitoria nei termini prospettati dalla ricorrente ed in particolare della sua prospettazione sulle tabelle, avrebbe comportato comunque la astratta configurabilità come danno conseguenza ai sensi dell’art. 1223 c.c., della perdita costituita dall’esborso sopportato per l’intervento dello studio di consulenza, salva naturalmente la valutazione sul quantum. E sarebbe stata salva, nel caso di soddisfacimento stragiudiziale del diritto risarcitorio senza riconoscimento di alcunchè sotto tale profilo da parte della società assicuratrice, la stessa possibilità della ricorrente di agire per conseguirla, salva la valutazione sull’an e sul quantum. p.3.3. La sentenza impugnata dev’essere, dunque, cassata con rinvio al Tribunale di Venezia, che deciderà – anche sulle spese del giudizio di cassazione – in persona di diverso magistrato addetto all’ufficio ed applicherà il seguente principio di diritto: “in caso di sinistro stradale, qualora il danneggiato abbia fatto ricorso all’assistenza di uno studio di assistenza infortunistica stradale ai fini dell’attività stragiudiziale diretta a richiedere il risarcimento del danno asseritamente sofferto al responsabile ed al suo assicuratore, nel successivo giudizio instaurato per ottenere il riconoscimento del danno, la configurabilità della spesa sostenuta per avvalersi di detta assistenza come danno emergente non può essere esclusa per il fatto che l’intervento di detto studio non abbia fatto recedere l’assicuratore dalla posizione assunta in ordine all’aspetto della vicenda che era stato oggetto di discussione e di assistenza in sede stragiudiziale, ma va valutata considerando, in relazione all’esito della lite su detto aspetto, se la spesa sia stata necessitata e giustificata in funzione dell’attività di esercizio stragiudiziale del diritto al risarcimento”.
Il giudice di rinvio si conformerà a tale principio, tenendo conto delle motivazioni innanzi svolte quanto alla contestazione in ordine all’applicabilità delle tabelle.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Venezia, che deciderà, anche sulle spese del giudizio di cassazione, in persona di diverso magistrato addetto all’ufficio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 1 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010.
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